mercoledì, novembre 29, 2006

Caso Litvinenko: radioattività su due aerei

Potrebbero aver trasportato il Polonio 210 usato nell'omicidio

Trovate a Londra tracce di lieve radioattività su due Boeing 767 della British Airways: in 33mila dovranno andare dal medico

LONDRA (GRAN BRETAGNA) -
Si allarga l'inchiesta sui luoghi contaminati a seguito dell'uccisione a Londra della ex spia russa Aleksandr Litvinenko assassinato con un particolare composto radioattivo il Polonio 210. «Tracce molto basse di una sostanza radioattiva» sono state trovate a bordo di due aerei della British Airways. Ne ha dato notizia un comunicato della compagnia di bandiera britannica.

La compagnia aerea ha dichiarato in un comunicato che tre B767 in servizio su rotte brevi sono stati messi fuori servizio per essere esaminati. I risultati iniziali hanno mostrato "deboli tracce di una sostanza radioattiva a bordo di due dei tre aerei", si legge nel comunicato.

I velivoli erano impiegati sulle tratte da Londra dirette a Mosca, Barcellona, Dusseldorf, Atene, Larnaca, Stoccolma, Vienna, Francoforte, Istanbul, Madrid.
In una nota diffusa sul suo sito web la compagnia aerea ha chiesto ai passeggeri in volo sulle tratte coinvolte tra il 25 ottobre e il 28 novembre di «contattare il servizio sanitario nazionale britannico. Si tratta di circa 33.000 passeggeri nelle ultime quattro settimane».
Si allarga quindi l'allarme per il rischio di contaminazione radioattiva a seguito della morte di Litvinenko.
Finora le ricerche di Scotland Yard lungo i percorsi seguiti da Litvinenko hanno permesso di trovare tracce di Polonio 210 in cinque punti di Londra:
l'ufficio londinese di Boris Berezovsky, il magnate russo amico dell'ex agente segreto;
gli uffici di una società, la Erynis, che si occupa di valutazione dei rischi;
il ristorante di sushi di Piccadilly dove alle 15 del primo novembre Litvinenko pranzò con Mario Scaramella e gli consegnò «documenti preoccupanti»;
il bar dove un'ora più tardi incontrò per affari due russi, Andrei Lugovoi e Dimitri Kovtun;
e la casa stessa dell'ex colonnello dell'Fsb.

29 novembre 2006

Spie e veleno - Morte a Londra

Spia uccisa, allarme radioattività Controlli su chi era nel sushi-bar

Gli inquirenti: dose di veleno monumentale, devono sottoporsi ad analisi.
L’intelligence indaga su trenta agenti russi a Londra sotto copertura

LONDRA — L’inchiesta per l’assassinio dell’ex colonnello del Kgb rifugiato a Londra si è trasformata anche in una gigantesca operazione di sanità nazionale. A tutti i cittadini che il primo novembre erano stati al ristorante di sushi Itsu a Piccadilly e al bar del Millennium Hotel di Grosvenor Square è stato rivolto un appello a mettersi in contatto con le autorità, a sottoporsi a controlli medici. Perché la dose di polonio 210 radioattivo usata per avvelenare Alexander Litvinenko era tanto massiccia da essere definita «monumentale » dai tecnici del ministero della Difesa. Chi era lì vicino potrebbe essere stato intossicato. Ieri notte è stato deciso che il locale di Piccadilly dev’essere completamente decontaminato.

L’MI5, l’intelligence britannica, sta cercando di individuare la trentina di spie con copertura diplomatica presso l’ambasciata russa. Lo scopo è verificare se qualche agente è scomparso subito dopo il 1˚ novembre, dopo aver saldato il conto con il traditore. Il polonio 210 può essere uscito solo da una centrale nucleare, è roba da servizi segreti come l’Fsb (nuovo nome del Kgb). Scotland Yard ha chiesto alle autorità russe di collaborare. Perché tutte le tracce portano a Mosca. Forse sono addirittura troppe, tanto che qualche cremlinologo avverte: «Putin non sarebbe mai stato così stupido». «Non è solo la Cia a fare errori», ribattono i colpevolisti.

Ci sono le stampate delle email che Mario Scaramella consegnò a Litvinenko al sushi-bar il giorno dell’avvelenamento. Parlano di un agente russo in missione a Napoli e di quattro nemici della Russia da uccidere. Ci sono i tre «uomini d’affari» venuti da Mosca «per vedere una partita di calcio » che incontrarono lo stesso giorno la vittima al Millennium Hotel.
C’è l’indagine che Litvinenko stava compiendo da solo sull’assassinio della giornalista Anna Politkovskaya. Da Israele arrivano le rivelazioni di Leonid Nevzlin, ex direttore generale della compagnia petrolifera russa Yukos, ora direttore del museo della Diaspora a Tel Aviv. Litvinenko era venuto da lui nei mesi scorsi e gli aveva consegnato dei documenti.
La pista Yukos fa pensare a una faida nel mondo degli affari miliardari degli oligarchi, come Boris Berezovskij, anche lui esule a Londra e protettore di Litvinenko da quando il colonnello aveva svelato un piano del Kgb per ucciderlo. Ma in questo gioco di matrioshke non si può dimenticare che i grandi gruppi industriali russi sono legati al Cremlino.

Torna a parlare anche Litvinenko. È spuntata un’intervista di pochi mesi fa in cui rivelava di essere stato negli anni ’90 i l vicecomandante di un’unità speciale dell’Fsb incaricata di «esecuzioni extra-legali di uomini d’affari e politici scomodi».
Luogo dell’incontro scelto anche allora dall’esule il sushi-bar Itsu di Piccadilly: forse chi lo ha avvelenato lo seguiva già. Sono filtrate indiscrezioni secondo cui il polonio sarebbe stato spruzzato con uno spray sul pesce ordinato da Litvinenko mentre il 1˚ novembre incontrava Scaramella. L’italiano ora vuol tornare a Londra, per parlare con la polizia e sottoporsi a test medici.

Alla finestra della casa della famiglia Litvinenko, sigillata dalla polizia scientifica, è rimasta appesa una bandiera inglese con la croce di San Giorgio, perché l’uomo fuggito dalla Russia era orgoglioso della sua vita da inglese e del passaporto britannico appena ricevuto.
In tv sono scorse immagini d’archivio di Alexander che giocava con il figlio Anatoly. Tutto struggente. Ma quello stesso padre tanto coraggioso da sfidare il Cremlino, era lo stesso uomo che quando era ufficiale dell’Fsb a Mosca aveva arruolato degli assassini per le «operazioni speciali». Per questo venne a sapere del piano per uccidere l’oligarca Berezovskij e lo fece fallire.

27 novembre 2006

L'ex agente del Kgb Gordievsky: il Polonio? Solo da un laboratorio di Stato

«Litvinienko ucciso con il tè, da ex colleghi»

«Hanno voluto punirlo per gli attacchi al Cremlino e per mandare un messaggio agli altri fuoriusciti»
LONDRA — In Occidente il colonnello del Kgb Oleg Gordievsky ci è arrivato nel bagagliaio di un'auto, nel 1985, «contrabbandato» dagli uomini dell'MI6 britannico per il quale aveva lavorato come agente doppio dal 1968.
Era l'anno in cui fu invasa la Cecoslovacchia e l'uomo «venuto dal freddo» ebbe una crisi di coscienza. Cominciò a passare informazioni e documenti agli inglesi.Continuò a fare carriera, fu promosso rezident del Kgb a Londra.
Finché qualcuno ebbe dei sospetti e lo richiamò a Mosca nella primavera del 1985. Il colonnello rimase freddo, rientrò in patria. Fu arrestato, interrogato, non cedette.
Rilasciato, ma tenuto sotto controllo, una mattina d'estate uscì per fare jogging, seminò «gli angeli custodi», prese un treno, arrivò alla frontiera finlandese. Si infilò nel bagagliaio di un'auto. Riemerse a Londra: rivelò i nomi di una settantina di spie sovietiche.
Non si sopravvive facendo il doppiogioco per vent'anni e per altri venti da esule se non si è una persona accorta.
Alexander Litvinenko, era amico di Gordievsky lo visitava spesso nella sua casa fuori Londra. Gli chiedeva consiglio. Lo trattava con «grande rispetto». Forse però non lo ha ascoltato abbastanza.Colonnello Gordievsky, qual è stato l'errore di Litvinenko? «Era convinto di poter identificare un pericolo a un chilometro di distanza, era esperto ma orgoglioso.
Il suo solo errore, ma grande, è stato di aver considerato i vecchi compagni dei tempi del Kgb come amici. Si sono presentati a Londra dicendo di essere diventati dirigenti di una società di sicurezza, per parlare di affari con Alexander. Lui stava cercando lavoro, perché aveva bisogno di denaro. Ma non ci si può mai fidare di chi ha fatto il nostro mestiere», dice Gordievsky, e sicuramente parla con cognizione di causa. Sa anche molte cose sui fatti di quel primo novembre, perché ne ha discusso con Marina, la vedova di Litvinenko.
Come è scattata la trappola? «Proprio perché lo conoscevano bene sapevano che Alexander non beveva alcol, non toccava nemmeno un goccio di birra, né in pubblico né in privato. Così hanno pensato al tè. Quello non l'avrebbe rifiutato. Era pronto quando è arrivato al bar dell'albergo».Quanti agenti operativi ci vogliono per un affare del genere? «La squadra dei sicari doveva essere composta di due, massimo tre elementi, perché non bisognava dare nell'occhio. Tutta gente che era stata in passato nel Kgb e aveva lasciato il servizio per darsi agli affari. Ma che quando riceve una telefonata sa di dover tornare al lavoro per i vecchi capi. Alexander avrebbe dovuto saperlo.
Ma andò all'appuntamento al Millennium Hotel ».Quanto tempo per preparare il piano? «In queste faccende si comincia da più di un anno prima dell'azione. La fase finale può durare tre, quattro settimane. E sul campo gli agenti che devono eliminare il soggetto restano tra i 2 e i 6 giorni. Il tempo per far entrare in Inghilterra la scatola speciale con la sostanza radioattiva».Perché è stato ucciso Litvinenko? «Per punirlo e per mandare un messaggio agli altri fuoriusciti a tenere la bocca chiusa. Anzitutto a Berezovskij».
Possono essere stati servizi autonomi dal Cremlino, servizi deviati come diciamo in Occidente? «Sciocchezze. Se si vuole il Polonio 210 radioattivo ci si deve rivolgere a un laboratorio nucleare, controllato dallo Stato, serve una regolare richiesta per linea gerarchica che deve salire fino ai livelli più alti del potere. Tutto è centralizzato in quel campo, non credete alle favole.
Per rendere utilizzabile la sostanza serve un lavoro complicato, hanno dovuto consegnare il materiale in un contenitore speciale, addestrare i sicari a usarlo, farlo arrivare sul posto. Roba che solo un'organizzazione che fa capo allo Stato può permettersi».Litvinenko durante l'agonia ha fatto il nome di Viktor Kirov, un agente con copertura diplomatica russa che ha lasciato Londra pochi mesi fa. «Un ufficiale di medio livello dell'Svr, il servizio segreto esterno.
Il suo incarico era di controllare Alexander, ma non di ucciderlo. Perché i suoi capi non avevano intenzione di rovinare i rapporti tra Russia e Gran Bretagna. L'ordine è partito dall'Fsb, il servizio interno. Loro non si interessano alle relazioni internazionali. Volevano vendicarsi e chiudergli la bocca».Perché l'hanno colpito solo ora, sei anni dopo la fuga? «Perché Alexander continuava a scrivere articoli contro di loro, contro Putin».
E lei come fa a sopravvivere? «Cerco di essere cauto, all'inizio ricevevo molti giornalisti, molte telecamere, anche della stampa russa. Poi ho capito che come minimo qualcuno era lì per controllarmi, per informarsi sulle mie abitudini. Ho smesso di essere così visibile».
In effetti questa intervista è il frutto di qualche cautela da parte del colonnello: ricevuta la telefonata del Corriere, Gordievsky l'ha ascoltata senza rispondere, registrandola. Poche ore dopo un «collega» sconosciuto ci ha contattati dicendo di aver avuto il numero da Gordievsky: «Un suo amico, giusto?».Veramente no, ma contatto stabilito.
Dopo poco ha squillato ancora il telefono: «Sono Oleg Gordievsky, mi voleva parlare?». Ci sarebbe da ridere, se all'obitorio non ci fosse un cadavere in attesa di autopsia.
29 novembre 2006

Londra, caccia al «terzo uomo» che incontrò Litvinenko e gli offrì il tè

Veleno e mistero, l'ex spia muore nella notte

I medici inglesi non sono riusciti a identificare la sostanza che alla fine ha ucciso l'esule che lavorò per il Kgb

(Ansa)
LONDRA (GRAN BRETAGNA) - Alexander Litvinenko, ex colonnello del Kgb rifugiato a Londra, è morto nella notte dopo tre settimane di agonia non solo fisica, tra accuse di avvelenamento rivolte al Cremlino e illazioni dei servizi segreti di Mosca arrivati a dire che era tutta una simulazione per danneggiare Putin. Scotland Yard definisce il caso «una morte inspiegata». Oleg Gordievsky, altro famoso ex agente sovietico passato all'Occidente, ribatte che invece «è tutto molto chiaro, si tratta dell'assassinio di un eroe della Russia e della Gran Bretagna, un esule diventato cittadino britannico ucciso sul suolo inglese da un servizio segreto brutale e corrotto».
Una sola certezza, chi lo ha avvelenato conosceva bene il mestiere: i medici inglesi in questi giorni hanno cambiato più volte la versione sulla sostanza tossica che ha bruciato uno ad uno gli organi vitali del paziente. Dal tallio si è arrivati a «un elemento solitamente usato per la chemioterapia».

L'ex agente russo, esule dal 2000 e cittadino britannico da un mese, si era sentito male la notte del primo novembre. Aveva pensato subito al veleno, alla vendetta moscovita perché era «un traditore» da quando nel 1999 denunciò la corruzione e le trame per giustificare la guerra in Cecenia dell'Fsb, il nuovo Kgb postcomunista.
Ma per due settimane mentre lui vomitava, gridava per il dolore e perdeva tutti i capelli non gli avevano dato retta. Ora Scotland Yard vorrebbe «ascoltare» le tre persone che hanno incontrato Litvinenko il 1˚ novembre, tra mezzogiorno e le tre.
L'italiano Mario Scaramella, con cui il russo pranzò in un sushi bar di Piccadilly. Ma soprattutto due personaggi venuti da Mosca e poi scomparsi. Uno è Andrei Lugovoy, altro ex colonnello dell'Fsb. Faceva parte del Nono Direttorato, quello che protegge le figure pubbliche. È così che conobbe l'oligarca Boris Berezovskij negli anni Novanta. A quei tempi Berezovskij era intimo del presidente Eltsin, fu mandato a negoziare con i guerriglieri ceceni.
All'avvento di Putin (ex capo del Kgb) cadde in disgrazia e fuggì a Londra, portandosi dietro molti amici, tra cui Litvinenko. Lugovoy restò a Mosca e fu arrestato, poi liberato diventò per vie misteriose ricco «uomo d'affari». Il 1˚ novembre chiamò il vecchio amico Alexander e gli diede appuntamento al bar del Millennium Hotel di Grosvenor Square.
Posto da milionari. Alexander andò all'incontro e trovò anche uno che non conosceva. In ospedale ha avuto la forza per dire che il terzo uomo era «sulla quarantina, alto, magro e taciturno» e si presentò solo come «Vladimir». E parlò unicamente per invitare con insistenza Litvinenko a bere una tazza di tè. Forse quella avvelenata.

Lugovoy ha fatto sapere che era venuto a Londra per vedere una partita di calcio. Un alibi che ricorderebbe quello della banda guidata da Vittorio Gassman nei Soliti Ignoti, se non fosse che nella commedia all'italiana non muore nessuno, mentre Alexander Litvinenko, 43 anni, lascia una moglie e un figlio piccolo. Del Terzo Uomo, Vladimir, a quanto pare non si sa nulla di più. La sezione antiterrorismo di Scotland Yard e l'MI5 per dargli un volto controllano i filmati delle telecamere a circuito chiuso di Grosvenor Square, una delle piazze più controllate di Londra: c'è l'ambasciata- fortezza degli Stati Uniti su un lato e quelle italiana e canadese sull'altro. In mezzo l'Hotel dell'ultimo tè.
Dopo la sosta al Millennium Hotel e l'incontro a Piccadilly quel pomeriggio Litvinenko ricevette un passaggio in auto verso casa da un altro amico, Ahmed Zakayev, ex dirigente ceceno entrato nella corte londinese di Berezovskij. «Sasha (diminutivo di Alexander, ndr) era eccitato, diceva che i documenti che gli aveva consegnato l'italiano contenevano i nomi degli assassini della giornalista Anna Politkovskaya», dice il ceceno.
Un gioco di matrioske russo-cecene che racchiuderebbe gli ex colleghi moscoviti denunciati da Litvinenko. Dall'Svr, il servizio segreto russo per le operazioni all'estero, rispondono che «Litvinenko non conta niente per noi, certo non era il bersaglio per il quale rovinare le relazioni con Londra».
E anche questo ha una logica. Dal passato riemerge Vladimir Bukovskij, il neurobiologo finito in un gulag sovietico per aver rivelato l'uso del manicomio per i dissidenti. Nel 1976 Mosca lo scambiò con un leader comunista cileno, approdò a Londra. Amico di Litvinenko anche lui.
Ora ricorda con il suo inglese che alla maniera slava tralascia gli articoli: «Lasciatemi raccontare storia, qualche settimana fa Sasha (Alexander, ndr) venne a pranzo da me. Suo telefono squillò, era vecchio collega di Fsb da Mosca. Gli dissi: "Sasha, ti credi sicuro a Londra, ma ricorda che cosa è accaduto a Trotskij"». Su ordine del Cremlino un agente staliniano gli piantò una piccozza nel cranio a Città del Messico nel 1940. «Questo è il ritorno del Kgb, Sasha non sarà l'ultimo», predice Bukovskij.

24 novembre 2006

Allarme polonio, in clinica 3 persone"Mostrano segni di malattia"

Londra, lo rivela l'Agenzia per la protezione della salute.
Nel week end 450 telefonate al numero verde istituito dal governo dopo la morte di Litvinenko

E secondo Sky News tracce del materiale radioattivo sono state trovate anche in altri due luoghi della città
LONDRA - Si allarga l'allarme in Gran Bretagna per il rischio di contaminazione radioattiva, dopo la morte dell'ex agente dei servizi segreti russi Alexander Litvinenko, avvelenato con l'isotopo polonio 210. Una portavoce dell'Agenzia per la protezione della salute (Hpa) ha reso noto che "per precauzione" tre persone sono state ricoverate in una clinica specializzata, per sottoporsi a dei test radiologici: "Mostrano segni di malattia", ha detto ancora la portavoce. Non è chiaro se si tratti di segnali di malattia dovuta a esposizione a materiale radioattivo.
Quel che è certo è che le tre persone sono tra quelle che durante il fine settimana hanno contattato le autorità sanitarie, per verificare una possibile contaminazione con il materiale radioattivo utilizzato per uccidere Litvinenko.
Al numero verde, istituito dal governo britannico dopo che venerdì erano state rinvenute tracce di polonio 210 nel ristorante giapponese e nell'albergo frequentato dall'ex spia russa, sono giunte finora 450 chiamate.
Diciotto persone sono state esaminate dall'Hpa, che ha deciso di far sottoporre tre individui ad analisi approfondite, oltre che all'esame delle urine da cui risultò che l'ex colonnello del Kgb era stato avvelenato con polonio 210.
La portavoce dell'Hpa non si è sbilanciata sulla possibilità che qualcuno mostri segni di avvelenamento radioattivo o contaminazione.
Rispondendo alle domande dei giornalisti si è limitata a osservare che "secondo le informazioni disponibili al momento la risposta sarebbe no, ma per precauzione li abbiamo mandati in questa clinica specializzata".
Ma la paura, tra i londinesi, cresce. Anche perché, come ha riferito l'emittente Sky News (citando una fonte anonima), tracce di polonio 210 sono state trovate in altri due posti a Londra, "un indirizzo a Mayfair e un complesso di uffici nel West End".
Intanto, stamani, il tribunale di Camden, nella parte settentrionale di Londra, ha annunciato l'apertura di un fascicolo giudiziario sulla morte dell'ex colonnello del Kgb.
Un portavoce ha riferito che l'inchiesta giudiziaria inizierà formalmente giovedì, su richiesta del coroner (magistrato competente per i casi di morti sospette).
Ma la magistratura potrà condurre un esame completo del caso Litvinenko soltanto a conclusione delle indagini di Scotland Yard.

L’ex Kgb Litvinenko forse ucciso da uno spetsnaz

Si troverebbe in Italia secondo molte fonti (qui Corriere canadese ) l'assassino di Aleksandr Litvinenko, morto il 23 novembre dopo essere stato avvelenato con il polonio-210 a Londra.
Igor, questo il secondo nome del probabile assassino dell'ex spia russa, sarebbe uno spetsnaz rifugiatosi in Italia.
Segni particolari del quarantaseienne agente delle forze speciali russe sono una andatura zoppicante, benché sia un maestro di judo, e la conoscenza di inglese e portoghese "parlati perfettamente" .
Scotland Yard è giunta sulle sue tracce grazie alle rivelazioni fatte da Litvinenko prima di morire.
C'è di più: questo personaggio sarebbe collegato a un gruppo di spetsnaz definito Dignità e onore formato da ex agenti del Kgb che "stanno conducendo la loro guerra fredda contro dissidenti che cercano di mettere in difficoltà Vladimir Putin".
Litvinenko avrebbe lasciato una lista di obiettivi in cui, oltre al suo nome, compare anche quello dell'italiano Mario Scaramella, ex consulente della commissione Mitrokhin.

Gb, avvelenata ex spia russa

Sospetti sui servizi segreti di Putin

Aleksandr Litvinenko, da 6 anni fuggito dalla Russia dopo aver lavorato a lungo nell'Fsb, i servizi segreti nati dal Kgb sovietico, è in fin di vita in un ospedale di Londra. Lo 007 è stato avvelenato con un potente veleno.
Litvinenko si è sentito male dopo un incontro con un italiano, che gli avrebbe consegnato documenti riservati sul delitto di Anna Politkovskaia, la giornalista indipendente uccisa il mese scorso a Mosca.
Litvinenko era molto amico della reporter Politkovskaia.
Per questo aveva deciso di indagare sul suo omicidio, definito "sospetto" dai più.

L'avvelenamento dello 007 risale al 1° novembre. Estremamente critico nei confronti di Vladimir Putin, tanto da accusarlo di aver organizzato nel 1999 una serie di attentati terroristici a Mosca per poter giustificare di nuovo la guerra in Cecenia, Litvinenko si è sentito male due ore dopo aver pranzato con un italiano al ristorante giapponese "Itsu" nel quartiere di Piccadilly.
Dagli esami tossicologici risulta che è stato avvelenato con una sostanza micidiale, il tallio.Poche possibilità di sopravvivereLitvinenko ha perso tutti i capelli. Il fegato è gravemente danneggiato. Non può mangiare ed è alimentato per via endovenosa.
Chi l'ha visto, dice che sembra un fantasma. Per i medici non ha più del 50 per cento di probabilità di sopravvivere.
Per Oleg Gordievski, capo negli anni '80 degli agenti del Kgb (ora Fsb) in Gran Bretagna e uno dei fuggiaschi di più alto livello dei servizi segreti sovietici in Occidente, i colpevoli vanno ricercati tra gli ex colleghi di Litvinenko. Litvinenko "era un nemico evidente.
Solo il Kgb è in grado di fare una cosa del genere. Il veleno era molto sofisticato", ha detto al "Times" Gordievski. Il contatto italianoUna delle ultime persone che la spia russa avrebbe visto è un certo Mario Scaramella.
Secondo il domenicale "Mail on Sunday" è "un accademico dell'università di Napoli e consulente della commissione Mitrokhin istituita dal parlamento italiano per indagare sulle attività del Kgb in Italia durante la guerra fredda". Grazie a Scaramella la commissione Mitrokhin avrebbe interrogato Litvinenko, fuggito dalla Russia di Putin dopo essere stato messo sotto accusa per alto tradimento.
L'italiano avrebbe consegnato un documento di quattro pagine con una lista di nomi, tra cui alcuni funzionari dell'Fsb, che sarebbero stati coinvolti con l'omicidio della giornalista.
Il documento non sarebbe un documento ufficiale ma soltanto una email. "Non ho capito perché sia venuto a Londra per darmelo quando avrebbe potuto mandarmelo con una email", avrebbe detto in ospedale Litvinenko a un giornalista.
Sospetti su PutinBoris Berezovski, per molti anni uno degli uomini più potenti a Mosca negli anni di Eltsin, ha fatto visita, venerdì scorso, all'amico Litvinenko, accusando senza mezzi termini il presidente Vladimir Putin: "E' difficile credere che un leader del G8 che si atteggia a democratico possa ordinare qualcosa di simile. Ma la gente deve capire che si tratta di un bandito".

Litvinenko: Ex spia russa morto nella notte in ospedale

24 novembre 2006 alle 08:48

Alexander Litvinenko, l’ex spia russa ricoverata in ospedale per un sospetto avvelenamento, è morto ieri sera.

Lo hanno riferito fonti dell’ospedale. Litivinenko, ha riferito il portavoce dell’ospedale, “è morto all’University College Hospital alle 9.21 (le 22.21 ora italiana) del 23 novembre”. Le condizioni dell’ex gente segreto erano peggiorate ma non si è riusciti ad accertare l’avvelenamento. L’uomo, confidente della giornalista russa Anna Politkovskaya uccisa a Mosca ilo scorso 7 ottobre, si ammalò tre settimane fa dopo un pranzo con due russi.
Fu lui stesso a raccontare ai medici di aver cominciato a sentirsi male dopo essersi incontrato con due connazionali, il 1° novembre, in un hotel della capitale britannica per prendere un té.

Più tardi, quello stesso giorno, ebbe un altro appuntamento in un sushi-bar vicino a Piccadilly Circus: vide un suo informatore, l’italiano Mario Scaramella, un docente già consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sul ‘caso Mitrokhin’.
Stando alle stesso ex agente segreto, l’interlocutore gli aveva promesso documenti scottanti sulla morte di Anna Politkovskaya. “Io ordinai da mangiare per tutti e due, ma lui non mangio’ nulla”, riferì ancora Litvinenko. “Era estremamente nervoso mentre mi passava un documento di quattro pagine, da leggere immediatamente, che conteneva un elenco di persone, tra cui membri dell’Fsb, sospettati di essere coinvolti nell’omicidio della giornalista”, aggiunse, precisando che si sarebbe trattato di copia di “un semplice messaggio inviato per posta elettronica”, non di materiale ufficiale.

“Non capivo perché fosse venuto di persona a Londra, quando avrebbe potuto semplicemente spedirmela”, concluse. Scaramella a sua volta ha specificato che intendeva discutere di una supposta ‘lista nera’ di persone da colpire, di provenienza russa, nella quale sarebbero stati inseriti anche i nominativi suo e dell’ex spia.
Gli intimi di Litvinenko hanno peraltro escluso che Scaramella possa essere implicato nel fantomatico avvelenamento.

Mitrokhin, spunta il traffico d'armi

Indagato dalla Procura di Napoli, Mario Scaramella.
Il fascicolo già spostato a Roma
Nelle intercettazioni il suo attivismo nel fabbricare i dossier sulle presunte "spie" del Kgb

Mitrokhin, spunta il traffico d'armi

Sospettato il consulente di Guzzanti

Tra gli investigatori si è fatto largo il sospetto che la sua Ecpp possa essere una copertura degli stretti rapporti con la Cia

di CARLO BONINI e GIUSEPPE D'AVANZO
ROMA - Mario Scaramella è sospettato di traffico d'armi. All'inizio di quest'anno, la Procura di Napoli lo ha iscritto per questo reato al registro degli indagati e, subito dopo, ha dovuto interrompere l'inchiesta. Il fascicolo del pirotecnico consulente della commissione parlamentare Mitrokhin è stato consegnato alla Capitale per competenza.
Nella sua poliedrica attività, infatti, Mario Scaramella ("esperto in materia di Diritto e Sicurezza, incaricato al Research Institute di San Josè, California; autore di un progetto di ricerca presso la Nasa, con incarichi di docenza presso l'università di Stanford, California, il Centro di cooperazione internazionale nello spazio, l'università dell'Arizona, l'università di Greenwich, l'università del Rosario, Colombia, l'università statale di Tamilnadu, India; contrattista presso la Scuola superiore di amministrazione del ministero dell'Interno, presso la II Università di Napoli e l'università di Salerno; già direttore dell'Unità di Criminologia ambientale del Dipartimento di Scienze internazionalistiche, del Centro di Politica spaziale del Dipartimento Scienza e Ingegneria dello Spazio) è anche giudice onorario del Tribunale di Napoli. Ora di Scaramella si occupa il pubblico ministero di Roma.
La notizia sollecita nuovi interrogativi su questo personaggio molto volenteroso che sta ricevendo un'attenzione internazionale. Il primo novembre era a pranzo con Aleksandr Litvinenko, in possesso - dice lui - di informazioni riservate su un piano di eliminazione dei nemici di Putin (Anna Politkovskaja, Boris Berezovskij, lo stesso Litvinenko, Vladimir Bukovskij, Paolo Guzzanti).

Scaramella appare al crocevia di informazioni che egli raccoglie non si sa per conto di chi. Ha rapporti con l'intelligence americana. E' introdotto con qualche infiltrato nella comunità ucraina in Italia. Incontra con costanza transfughi dell'intelligence sovietica (Kgb, Fsb, Svr) riparati in Europa. Può contare su cospicue risorse finanziarie sotto l'ombrello di una misteriosa ECPP (Enviromental crime protection program) che egli dice essere "organismo sussidiario dell'organizzazione marittima internazionale dell'Onu". Soprattutto, riceve da Paolo Guzzanti - come egli stesso racconta a verbale il 14 ottobre 2005 alla sezione investigativa del commissariato "Dante" di Napoli - un incarico di "delegato alle indagini sulle modalità operative dell'esplorazione estera e dei collegamenti con il terrorismo italiano dei servizi segreti russi (...) In tale qualità, ho avuto rapporti con ufficiali ed ex ufficiali di Kgb e Svr".
Bene. Autorizzato da questa missione parlamentare, quali sono e devono essere le corrette iniziative di Scaramella? E' la domanda che anche i pubblici ministeri di Napoli si pongono quando se lo vedono davanti per denunciare rischi nucleari, l'imminente arrivo in Italia di barre d'uranio, la possibilità che un'antenna collocata sul Vesuvio possa innescare quattro missili atomici tattici sistemati in un sottomarino nucleare classe "Novembre" della V Squadra della marina sovietica e affondato nel Golfo di Napoli il 10 gennaio 1970.
Già detta così sembra una balla. Eppure è la frottola che Scaramella riferisce, senza essere messo alla porta, al direttore della protezione civile Guido Bertolaso, al Sismi, alla prefettura e, con altri dettagli, a tutti i giornalisti che hanno voglia di bersela.
D'altronde, Scaramella si dà da fare per apparire un uomo in prima linea, costantemente in pericolo, sempre minacciato dal fuoco nemico, sempre a un passo dall'essere liquidato da killer venuti dal freddo. Per rendere credibile questa fanfaluca, il nostro uomo ipotizza che, una mattina all'alba, sul Vesuvio, sia stato bersagliato da una banda di camorristi che proteggeva, per conto degli ucraini cattivi, l'antenna capace di attivare i missili atomici-tattici in fondo al mare del Golfo. Racconta di averla fatta franca per un pelo, anche se l'unico ferito, nella furiosa sparatoria, è un malcapitato guaglione della camorra di Ercolano di nome Vincenzo Spagnolo.
Proprio ficcando il naso in questa avventura, i pubblici ministeri di Napoli cominciano a sentire una gran puzza di bruciato. Accertano che il piccolo malvivente se ne stava pigramente seduto in macchina a guardia dell'arsenale del clan, nascosto in un capannone abusivo. Come in un'improvvisa folata di vento, si sente investito da una trentina di proiettili. I due guardaspalle di Scaramella, agenti penitenziari fuori servizio, gli scaricano contro due interi caricatori da 16 colpi. Il malcapitato delinquente avvia la sua Peugeot e prova a mettersi in salvo. L'auto viene crivellata di colpi, all'altezza del posto di guida, nel lunotto posteriore.
Un proiettile lo ferisce e, ricoverato al "Maresca" di Torre del Greco, il pregiudicato è accusato di tentato omicidio plurimo. Al processo è assolto e si riesce a dimostrare che quel diavolo avrà sulla coscienza tanti peccati, ma non quello di aver voluto uccidere Scaramella. Al contrario, furono le body guard di Scaramella a tentare di eliminarlo dalla faccia della terra e dio solo sa perché. La Procura di Napoli è molto incuriosita dalla laboriosità del nostro eroe.
Soprattutto dopo il 14 ottobre 2005. Alle 12,30, il professore Mario Scaramella si presenta alla sezione investigativa del commissariato "Dante" della questura di Napoli. Dice: "Sono in rapporti con Aleksandr Litvinenko, colonnello Fsb attualmente a Londra, con Euvgenij Limarev, del Svr, attualmente in Francia, e con ex personale dell'ambasciata ucraina a Roma (...) Sono venuto a conoscenza che un ex ufficiale del Kgb, Aleksandr Talik, unitamente a tale Krok Sena, sono coinvolti in un progetto di aggressione che riguarderebbe la mia persona o più probabilmente esponenti del mio ufficio e impiegherebbe armi non convenzionali, in arrivo in queste ore sul territorio italiano provenienti dall'Ucraina. Nell'impossibilità di poter verificare personalmente i fatti, ho informato riservatamente il presidente della commissione Mitrokhin Paolo Guzzanti, che ritengo potenzialmente minacciato. Specifico che le stesse fonti hanno già riferito ai carabinieri di Avellino, un anno fa, della concreta minaccia per la mia persona e le persone con cui lavoro collegata a un'operazione di intelligence dei servizi speciali russi ed ucraini. Minaccia di cui mi parlò Euvgenij Limarev". Nello stesso giorno, Scaramella ritorna al commissariato per integrare la sua denuncia. Dice: "L'armamento di guerra in arrivo in Italia serve a un attentato voluto dai servizi di sicurezza russi ed ucraini per minacciare il presidente della commissione Mitrokhin e il sottoscritto. Il colonnello Litvinenko mi ha specificato che gli esecutori sarebbero "mafiosi ucraini legati ai servizi di quei Paesi e tramite questi collegati al terrorismo islamico in Italia, facente capo al movimento Al Qaida"".
Il giorno dopo, 15 ottobre, Scaramella entra direttamente in questura e, all'ufficio denunce, precisa che le armi, "un lanciagranate Rpg e il relativo munizionamento", sono in arrivo a Napoli "per le ore 7 del giorno successivo, 16 ottobre". E che "allo stato attuale, uno dei due mezzi di trasporto delle armi si troverebbe fermo nella città di Udine". Scaramella deve essere davvero uno stregone delle investigazioni perché, poche ore prima, il furgone ucraino che, settimanalmente, da Leopoli rifornisce gli ambulanti ucraini dei mercati di Teramo, Pescara e Napoli è in panne davanti a una autofficina di Udine. Nella notte il carico viene trasferito su un altro furgone bloccato dalla polizia a Teramo e qui - quale sorpresa - tra le centinaia di colli con indicazioni in cirillico, c'è un unico pacco con caratteri latini e, dentro quel pacco - ohibò - ci sono due granate Rpg, inutilizzabili a meno di non avere un lanciagranate.
Curiosamente confezionate con un detonatore inutile a farle esplodere. Ora voi penserete che questa bugia dalle gambe cortissime faccia poca strada. Errore. A Teramo è in corso un processo per importazione e detenzione di munizionamento da guerra contro quattro poveri cristi ucraini (tre autisti e uno sfortunato viaggiatore). Come non crederete che nessuno cerca il destinatario delle granate che abita, per nulla impensierito, il suo appartamento di via Nuova Poggioreale, a Napoli (non era il primo a dover finire in prigione?). Come, infine, farete fatica a credere che, mentre a Teramo si processano i poveracci ucraini, a Napoli cominciano indagini contro chi quel traffico d'armi ha svelato. Magari inventandoselo di sana pianta o magari organizzandolo in proprio. Mario Scaramella finisce così intercettato (il traffico d'armi è un reato molto grave e lo consente). Le intercettazioni svelano il suo cospicuo ruolo nei lavori della commissione Mitrokhin e la trama dei suoi giochi di prestigio. Nelle carte trasferite a Roma, si può leggere chiaramente qual è la convinzione dei pubblici ministeri di Napoli.
Ben collegato con tipacci ucraini, Scaramella organizza le informazioni che raccoglie o sollecita a Litvinenko e Limarev per arrivare a scoprire armi (anche pesanti) che poi fa ritrovare. La scoperta degli arsenali è decisiva per confermare il pericolo che incombe sulla sua vita e su quella del senatore Guzzanti e la minaccia della presenza del Kgb/Fsb in Italia. La manovra gli permette di incassare due crediti: dagli apparati della sicurezza, che vanteranno "brillanti operazioni" e dalla commissione parlamentare, che scoprirà di avere al suo servizio un eroe indomito e quindi di essere sulla buona strada. A questo punto, la procura di Napoli chiede ai nostri due servizi di intelligence: ma questo Scaramella è uno che lavora per voi? La risposta del Sisde di Mario Mori è netta: "No". Il Sismi di Nicolò Pollari è, come di consueto, più ambiguo. "Mario Scaramella - scrive Forte Braschi - non è nella pianta organica di questo Servizio, ma non è escluso che in qualche circostanza il Servizio se ne sia avvalso".
Fonti molto accreditate della Procura ricordano che tra gli investigatori si formò il sospetto che Scaramella fosse in realtà in rapporti stretti, se non di dipendenza, anche con la Cia e che la sua ECPP potesse essere una società di copertura dell'agenzia di Langley. Comunque sia, dalle conversazioni telefoniche, si comprende che Scaramella è molto attivo nel costruire i dossier "esplosivi" della commissione Mitrokhin. L'uomo concorda i suoi passi con il più autorevole consulente giuridico della commissione, Agostino Cordova, e con il presidente della commissione Paolo Guzzanti. D'altronde, il senatore di Forza Italia non ne fa mistero.
Ascoltato al processo di Teramo contro quei disgraziati ucraini, il 9 ottobre scorso, Guzzanti dice: "Confermo che [le informazioni sul progetto di attentato] mi sono state date da Scaramella, Litvinenko e Limarev" (Povero Limarev, a distanza di sole cinque settimane, diventa - per il senatore - da fonte che gli salva la vita, addirittura "un mercenario, architetto di ignobili fabbricazioni"). "Ricordo - aggiunge Guzzanti - che informai il questore e il prefetto di Roma, il comandante generale della Guardia di Finanza, il Sismi (...)". Il senatore si stupisce che "Scaramella sapesse alla perfezione ogni spostamento degli ucraini". Rivela: "Scaramella ha redatto un rapporto segretato che costituisce il quadro politico e pure criminale, se vogliamo, di questa e di altre vicende. Questo rapporto è custodito in una cassaforte del Parlamento ed è stato redatto, insieme, dal dottor Agostino Cordova e dal professor Scaramella. E' esplosivo. Non è stato divulgato perché ci avvicinavamo al periodo della campagna elettorale e non volevo che la commissione Mitrokhin agisse per fini propagandistici. Questo rapporto contiene informazioni compromettenti per un personaggio politico circa il possibile attentato".
Se questo dossier è segreto (e segreto è il nome del personaggio politico mandante del progetto di omicidio di Guzzanti e Scaramella), un secondo documento non lo è perché è stato consegnato al procuratore di Roma nel dicembre 2005, ampiamente raccontato dal Giornale di Paolo Berlusconi. Il dossier di 80 pagine sostiene che gli ex presidenti del Consiglio Romano Prodi, Lamberto Dini e Massimo D'Alema, i direttori del Sismi Sergio Siracusa e Gianfranco Battelli hanno "sterilizzato" il dossier Mitrokhin per "vanificarne il contenuto" al fine di coprire "altrui responsabilità politiche" e "non danneggiare una serie di personaggi coinvolti". "A titolo personale" Guzzanti chiede che si verifichino le ipotesi di "omissioni di atti di ufficio", "spionaggio", "procacciamento di notizie riservate", "rivelazione di segreto di Stato". In poco più di un mese, la Procura di Roma liquida l'affare con un'archiviazione.
E' dal Seicento che raccontiamo le nostre italiche tragedie in giro per il mondo nella forma della commedia. Scaramella non ha voluto interrompere la tradizione. Oggi è in scena al teatro di Londra, protetto in un "turrito castello" addirittura da Scotland Yard che non esclude, per lo sventurato fabricator, un avvelenamento da "polonio 210". Mario Scaramella, si può dire, è l'ultima delle figure comiche che la legislatura berlusconiana ci lascia in eredità.
L'academic, come lo ha definito ieri la prestigiosa "Reuters", è in buona compagnia di Igor Marini, un facchino dell'ortofrutta di Brescia diventato finanziere internazionale e teste d'eccezione per il Parlamento italiano. Di Pio Pompa, impiegato della Sip diventato alto funzionario dell'intelligence militare esperto in signal intelligence e open sources. Di Rocco Martino, spiantato "carabiniere a cavallo" diventato forse l'artefice, certamente il postino, del dossier farlocco sul riarmo nucleare di Saddam Hussein. Personaggi, comunque, che sono apparsi affidabili - incredibilmente - per il presidente della commissione Telekom Srbija, Enzo Trantino; per il direttore dei servizi segreti Nicolò Pollari; per il presidente della commissione Mitrokhin Paolo Guzzanti, per un accreditatissimo procuratore della Repubblica come Agostino Cordova. Ora che sono apparsi i satirici, come sempre quando non si sa di che cosa ridere, s'avanza il dubbio che non si possa ridere di Pompa, Scaramella, Marini, Martino senza ridere di noi stessi. Per anni, queste maschere buffe sono state accreditate autorevolmente da istituzioni dello Stato. Le loro gesta sono state tollerate o non smascherate dalle burocrazie della sicurezza (poliziesca e spionistica).
I media, senza verificare una sola delle loro "esplosive" informazioni, li hanno ritenute "fonti" solide per scoop di cartapesta. La magistratura le ha avuto sotto gli occhi per anni senza decidersi a dare un taglio alle loro iniziative accertando magari da dove venissero le risorse che quegli sgraziati attori hanno utilizzato a piene mani. Per non parlare dell'opposizione del centro-sinistra, gatto cieco incapace in cinque anni di ricostruire la scena in cui uno spregiudicato centro-destra voleva ingabbiarlo per distruggerne la reputazione. Ridere di Scaramella?

(29 novembre 2006)

mercoledì, novembre 22, 2006

martedì, novembre 14, 2006

Nasdaq a 2.406 e DJ a 12.131

Ognuno fa per sè ......

I trucchi di Briatore per dribblare il fisco.

Vittorio Malagutti per “L’espresso”

Gli invidiosi e i nemici raccontano che Flavio Briatore usa le donne come addobbo a una vita da vanesio. In effetti, ne trova tante. E le cambia spesso. Bellezze da copertina come Naomi Campbell, oppure la stellina televisiva Elisabetta Gregoraci, per citare due nomi fra i tanti che danno lustro a una lunga e onorata carriera da playboy. Da anni però, perfino un tipo incostante come Briatore si è rassegnato a fare coppia fissa con una signora quarantenne, Mariapia Arizzi. Questione di soldi, questa volta. Anzi, di soldi off shore. Quelli delle società finanziarie che tirano le fila del piccolo impero del manager italiano, gran capo del team Renault di Formula 1, fresco reduce dal successo nel campionato del Mondo con il pilota spagnolo Fernando Alonso.

E allora, una volta tanto, niente gossip con il contorno di feste e superyacht. Il nome di Mariapia Arizzi non è mai finito sulle riviste specializzate in vipperia varia che narrano le gesta dell'inventore del Billionaire. Ma chi conosce le carte segrete di Briatore sa che questa professionista di origini italiane, residente non lontano da Ginevra, in Svizzera, monta la guardia agli snodi chiave di un dedalo finanziario esteso in mezzo mondo, dalle British Virgin Islands a Hong Kong, passando per l'Olanda e il Lussemburgo. In tanti anni di fortunata attività da imprenditore, l'ex fidanzato della bellissima Naomi Campbell sembra aver sviluppato una certa allergia al Fisco. Non soltanto al Fisco italiano, che in una recente apparizione televisiva (Raitre, domenica 15 ottobre, intervistato da Lucia Annunziata) ha definito "soffocante e penalizzante", incassando i rimbrotti del ministro allo Sviluppo, Pierluigi Bersani. Il fatto è che, come confermano una gran mole di carte e documenti che 'L'espresso' ha potuto consultare, tutte le iniziative targate Briatore rimandano in un modo o nell'altro a indirizzi off shore. Luoghi variamente esotici dove le tasse non esistono ed è semplice nascondere la reale titolarità delle aziende.

Partiamo dall'Italia, dalle discoteche Billionaire (Costa Smeralda) e Twiga (Versilia). Due nomi che col tempo, grazie anche a un'abile campagna di marketing, sono diventati marchi di fabbrica del lusso estremo, del divertimento esagerato, dello champagne a 500 euro la bottiglia. Non per niente il deputato comunista-rigorista-moralista Oliviero Diliberto ha dichiarato in tv (a Daria Bignardi, La7, venerdì 20 ottobre), che li farebbe saltare in aria (solo il Billionaire, per la verità). L'esercito dei 'Flavio's friends' la pensa diversamente. E così, tra gli azionisti di minoranza dei due locali alla moda troviamo una folta rappresentanza di soci sostenitori: la deputata di An Daniela Santanchè, il giornalista-intrattenitore tv Paolo Brosio, e poi Lele Mora, manager di stelle, stelline o aspiranti tali dello spettacolo, e l'ex allenatore della nazionale di calcio Marcello Lippi. La quota di maggioranza, quella di Briatore, risulta invece intestata alla finanziaria lussemburghese Laridel participations, amministrata da Mariapia Arizzi. Qualche mese fa è andato in scena un curioso cambio della guardia. Da principio la cassaforte si chiamava sempre Laridel participations, ma aveva sede a Bruxelles. A maggio la holding belga ha lasciato il posto alla sua omonima lussemburghese, che ha comprato tutte le controllate italiane dal Billionaire al Twiga. In altre parole, forse per motivi fiscali, Briatore ha trasferito da una tasca all'altra il controllo di una parte del suo gruppo. Con la fidata Arizzi a dirigere il traffico. Alla stessa consulente italosvizzera fa riferimento anche una holding olandese dal nome impronunciabile, Beleggingsmaatschapij Hawol. Scioglilingua a parte, si scopre che questa società di Amsterdam possiede, attraverso un'altra finanziaria italiana, il 30 per cento dell'azienda farmaceutica Pierrel. Chi c'è dietro? Briatore naturalmente, che, via Olanda, ha dato una mano a Canio Mazzaro, marito della sua amica Santanchè, nonché socio di maggioranza della Pierrel.

Tutti contenti allora. Mazzaro trova un partner. E il patron del Billionaire risparmia sulle tasse. Capriole all'italiana? Espedienti per sfuggire a un fisco rapace? Pare di no, perché, a ben guardare, lo stesso copione è andato in scena più volte anche all'estero. Non è una sorpresa. Il manager partito più di vent'anni fa dalla natia Verzuolo, provincia di Cuneo, si è fatto la fama dell'uomo di mondo. L'Italia, da sempre, gli va stretta. Fin da quando, negli anni Ottanta, Luciano Benetton, che fu il primo ad apprezzarne il talento, spedì Briatore ai Caraibi e poi negli Usa per seguire gli affari del gruppo di Ponzano. Altre fonti, in verità, raccontano che il gran salto oltre Atlantico serviva a mettersi alle spalle una brutta storia di bische clandestine, con tanto di condanna penale, poi amnistiata."Errori di gioventù", commenta adesso il manager globetrotter. Che ama parlare di sé come un emigrante. Un emigrante di lusso, ovviamente, con residenza a Londra in un quartiere al top dell'eleganza. L'Inghilterra, dice lui, è il Paese ideale per chi investe e produce. Perché da quelle parti l'aliquota massima non supera il 30 per cento. Altroché Italia, che arriva a succhiare quasi la metà del reddito prodotto da un imprenditore. Parole forti, confermate anche nella recente intervista televisiva trasmessa da Raitre. Passando ai fatti si scopre che anche lontano da Roma il manager piemontese ha scelto di indossare una solida corazza antitasse. Prendiamo l'iniziativa più recente, che sfrutta un marchio ormai famoso come Billionaire per farne una sorta di griffe d'alta moda. Qualche mese fa, è nata così Billionaire Couture, con tanto di vetrina di rappresentanza a Londra, in Draycott avenue, definita da chi se ne intende una "via di tendenza". Anche il negozio ambirebbe a fare tendenza tra la gente che può permetterselo. In catalogo potete trovare il blazer con bottoni in oro zecchino (10 mila euro), il jeans confezionato in scatola di cedro con deumidificatore (lo ammorbidisce dopo il lavaggio in lavatrice) per 1.800 euro o le scarpe su misura con sigillo in ceralacca da 5 mila euro. Tutte cosucce in linea con il Briatore style: non basta il lusso, bisogna stupire, uscire dagli schemi. Fino a un certo punto, però. Perché gli affari sono affari e allora conviene tornare ai vecchi e collaudati sistemi.

Sarà un caso, ma la holding di controllo della britannica Billionaire Couture limited, non si trova nell'accogliente Inghilterra dal fisco leggero, ma nell'ancora più ospitale Lussemburgo, dove nel 2005 è stata costituita la Billionaire sa. Alla presidenza, ma non è una sorpresa, troviamo Mariapia Arizzi, la consulente preferita di Briatore. L'incarico di revisore dei conti è stato invece affidato alla BCCB, sigla, in verità, sconosciuta ai più, anche tra gli addetti ai lavori della finanza. Un motivo c'è. La BCCB ha sede nell'isola Ajeltake, che fa parte dell'arcipelago delle Marshall, staterello sperduto nel bel mezzo dell'Oceano Pacifico. Indirizzo esotico, non c'è che dire, ma il centro di tutto resta nella vecchia Europa. In Olanda nel maggio scorso è nata un'altra Billionaire Couture, l'ultima della serie. Chi la dirige? Mariapia Arizzi, ancora lei. Non è finita qui, perché la società olandese controlla una Billionaire logistics di Milano, anche questa presieduta dall'attivissima Arizzi. Risalendo la catena di controllo dall'Italia verso l'Olanda si arriva nientemeno che a Hong Kong, sede della Billionaire Couture International. Il capolinea nel Far East non sembra una scelta casuale, visto che l'ex colonia britannica garantisce tasse ridotte e procedure snelle alle società finanziarie e commerciali. Quello che ci vuole per la moda targata Briatore, da pochi giorni sbarcato anche a Tokyo con una nuova boutique, ovviamente superesclusiva. È solo l'inizio. Da qui al 2008 il paese del Sol Levante dovrebbe ospitare almeno 28 punti vendita con il marchio Billionaire. Senza contare i nuovi negozi da aprire nella Vecchia Europa. Un programma ambizioso per un neofita del fashion. Ma il manager playboy, che non esclude di mettersi in politica in un prossimo futuro, per il momento resta legato alla sua vecchia passione: i motori (oltre alle donne, naturalmente). Il recente successo in Formula 1 ha consacrato la sua fama di scopritore di talenti. Prima Michael Schumacher, anche lui due volte campione del mondo (1993 e 1994) con la scuderia Benetton, a quei tempi gestita da Briatore. E adesso tocca allo spagnolo Alonso, che ha bissato il successo della scorsa stagione. Una carriera formidabile. Ma il gran capo del team Renault non si accontenta di vincere in pista e neppure del lauto stipendio che gli passa il gruppo automobilistico francese. Tra sponsorizzazioni e diritti tv, il rutilante mondo delle corse automobilistiche può diventare una macchina da soldi formidabile. E Briatore non è certo il tipo da lasciarsi sfuggire una simile occasione. Il suo vascello corsaro, tanto per cambiare, batte bandiera di un paradiso off shore.
Questa volta si approda ai Caraibi. Per la precisione alle British Virgin Islands, dove ha sede la società Formula FB business, a cui fa capo un'altra sigla londinese, la Stacourt ltd. Quest'ultima, gestita dal francese Bruno Michel, ha fatto soldi a palate vendendo in Spagna i diritti tv della Formula 1. Quando si dice la fortuna. Fino a pochi anni fa i gran premi erano seguiti da poche migliaia di spagnoli. Poi è arrivato Alonso ed è esplosa la passione. Domenica 22 ottobre, la diretta dal Brasile dell'ultima gara del campionato del Mondo ha quasi rubato la scena al derby calcistico tra Real Madrid e Barcellona. Briatore festeggia tre volte. Vince la Renault. Vince il suo pupillo Alonso. E vince anche la sua Stacourt, che moltiplica i guadagni. Una parte dei profitti prendono il volo verso le British Virgin Islands. In base all'ultimo bilancio disponibile, quello del 2004, la Stacourt ha versato circa 1,5 milioni di sterline, oltre 2 milioni di euro, alla Formula FB business.Briatore però non ha fatto tutto da solo. Per sfondare a Madrid si è assicurato la preziosa collaborazione di Alejandro Agag, un manager quarantenne che all'occorrenza può sfoderare un'optional d'eccezione: è il genero dell'ex premier iberico José Maria Aznar. L'esclusiva dei gran premi, invece, se l'è assicurata Telecinco, controllata dalla Mediaset di Silvio Berlusconi. A questo punto il cerchio si chiude. Agag, Aznar, Berlusconi, tutti amici di Briatore, tutti in affari con Briatore. Mica male per un playboy.
VOGLIO UNA VITA OFF SHORE Il piccolo impero targato Briatore fa capo per intero a holding off shore. A sinistra nell'organigramma sono indicate le nuove attività nella moda con il marchio Billionaire. A destra troviamo la catena societaria che conduce alla Pierrel e le società impegnate nella Formula 1. La Laridel del Lussemburgo, al centro, controlla le attività italiane, in cui Briatore è affiancato da alcuni amici. Nel Billionaire, con il 10 per cento ciascuno, troviamo Lele Mora e Daniela Santanchè, che possiede anche il 10 per cento di Mammamia srl (discoteca Twiga). Tra i soci di quest'ultima iniziativa ci sono anche il giornalista Paolo Brosio (27 per cento) e l'allenatore Marcello Lippi (10 per cento).

lunedì, novembre 06, 2006