
........ Dai difficili rapporti con la stampa alla delusione per i politici
... Da Coverciano a Berlino, i 50 giorni più lunghi di Marcello Lippi
... Bravo, bravissimo, irascibile
... le sue vittorie come una parentesi
... Gli attacchi personali e i dubbi sul figlio Davide i dolori più grandi
...... Alla fine sbottò: "Allora faccio lo stronzo anch'io, tanto è questione di poco" ........
Ora si può dire. Le vittorie sono state delle parentesi di sorriso in un lungo tempo di rabbia e insofferenza. Anche l'ultima, la più importante, quella di domenica notte nella finale di Berlino, rimarrà per sempre nei ricordi e nel cuore del ct azzurro, ma resta comunque una parentesi che si è richiusa subito per lasciare spazio all'orgoglio ferito.
Marcello Lippi lascia la Nazionale e si capisce una volta per tutte come ha vissuto i due mesi più straordinari e difficili della carriera. Nel suo comunicato d'addio non c'è traccia di polemica, solo ringraziamenti, ma per lui aveva parlato ieri
Gigi Riva, il team manager della spedizione italiana ai Mondiali di Germania.
"Lippi ha sofferto, ha patito, ha vissuto situazioni ingiuste, molto probabilmente farà valutazioni su quello che ha passato - ricordava l'ex campione - Adesso siamo tutti per strada, ci sono autorità ovunque, gente che a Coverciano non abbiamo visto o visto poco". Capire con chi ce l'avesse non è difficile.
Sicuramente non con il commissario straordinario della Federcalcio Guido Rossi, che gli ha rinnovato piena e incondizionata fiducia nel momento più difficile, quando da molte autorevoli tribune gli si chiedeva di farsi da parte per ragioni di opportunità. Era lunedì 22 maggio, la Nazionale si era appena radunata a Coverciano, e ogni giorno dalle procure di mezza Italia arrivavano notizie inquietanti. Lippi il venerdì prima si era dovuto presentare ai magistrati di Roma per spiegare di non aver mai favorito gli interessi della Gea o di Luciano Moggi nel decidere le convocazioni in azzurro.
Ma il problema non era solo quello. Il ct, al di là dei sospetti per l'anomalo ruolo di papà di Davide, uno degli associati alla società di procuratori finita sotto inchiesta per "concorrenza illecita con minacce e violenza", era pur sempre l'allenatore degli anni d'oro di Moggi e Giraudo e della Juventus finita sotto processo per doping. Nei giorni in cui si parlava di sistema calcio marcio, gli si faceva notare che a suo tempo al moralizzatore Zeman aveva detto: "Non si può far parte di un sistema e criticarlo".
In quei giorni Rossi mise la mano sul fuoco per lui, coprendogli le spalle. Fiducia poi rinnovata non dopo, ma prima, della delicata partita contro l'Ucraina, con una scelta di tempi che il ct non ha potuto non apprezzare. Non tutti hanno avuto però lo stesso atteggiamento. Come non individuare tra le persone che secondo Riva "a Coverciano si sono viste poco", Giovanna Melandri? Il ministro fu protagonista, prima di diventare nelle ultime settimane un fan scatenata della Nazionale, solo di una visita lampo sotto un acquazzone. E come non pensare, tra le persone che non si sono viste affatto, al presidente del Consiglio Romano Prodi e altri esponenti del governo e del modo politico?
In questo clima Lippi, abituato a difendersi attaccando, ha dovuto masticare amaro e trattenersi. La Nazionale è di tutti, non è un club privato, e con il calcio sotto processo gli atteggiamenti aggressivi che lo hanno caratterizzato negli anni della panchina bianconera, quando a coprirgli le spalle c'erano Moggi e Giraudo, non erano sostenibili. Il ct ha vissuto cinquanta giorni come una pentola a pressione e solo di tanto in tanto le guarnizioni hanno ceduto a sbuffi di vapore rabbioso.
E' accaduto quando il numero del suo cellulare è finito sui giornali regalando agli imbecilli la possibilità di insultarlo in diretta. Poi uno scatto poco gentile contro un cronista Rai dopo la prima amichevole contro la Svizzera. E poi ancora infuriato quando il vistoso bracciale donatogli dalla madre in punto di morte è stato additato a simbolo di cattivo gusto. Ma quando i nervi hanno ceduto in maniera più evidente, lasciando spazio ai sentimenti più profondi, è stato alla vigilia dell'ottavo di finale contro l'Australia.
Al mite giornalista che gli chiedeva garbatamente indicazioni utili a decifrare la formazione, Lippi rispose a muso duro: "Siete una cosa vergognosa, se dovete fare gli stronzi, allora lo faccio anch'io, tanto è questione di poco...".
All'epoca ci si interrogò su quel "questione di poco": Poco nel senso che la conferenza stampa stava per finire? Poco nel senso che Lippi temeva di uscire con l'Australia? Ora che il suo tabellino con gli azzurri si fermerà a 29 partite disputate, a 17 vittorie, 10 pareggi, due sconfitte, 44 gol fatti e 18 subiti, sappiamo a quale poco si riferisse. Ma lascia da vincitore. Arrabbiato, ma sempre vincitore.
(12 luglio 2006)